1. La Terra di Felline in un documento inedito del 1596
La più antica descrizione che ci è pervenuta del nostro centro storico è riportata nel voluminoso documento Apprezzo del feudo di Felline redatto dal Tabulario (stimatore di beni immobili) Battista de Martino nell’anno 1596, quando, unitamente ai feudi di Racale e Alliste, venne acquistato da Lucrezia Filomarino, principessa di Scanno e di Conca, per la somma complessiva di 73.000 ducati.
Il Tabulario, designato dal Sacro Consiglio di Santa Chiara, uno dei più importanti tribunali del Regno di Napoli, giunto a Felline ebbe un’ottima impressione del suo complesso urbanistico, ancora tutto medievale.
Riassumo i passi di quell’apprezzo che descrivono il paesaggio urbano, quello agrario e le opere di difesa di Felline in quell’epoca.

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(Fig. 6) Torre di S. Sebastiano, la più alta del castello

1.1 Paesaggio urbano e Castello feudale.
In primis mi sono conferito nella Terra di Felline la quale risiede nel piano d’una campagna da lungo il suo poggio. È di bellissimo aspetto sì per l’edifici, quali risiedono in essa, quanto per il palazzo baronale, seu Castello, quale resiede da un lato di detta terra, da Levante. Detto Castello dalla parte di fuora viene guarnito con quattro torrioni e con loggie, quali vanno circumcirca i suoi quattro lati. È molto sontuoso per la qualità e quantità della fabbrica e per la magnificenza che tiene (Fig. 6). Al piano terreno ha comodità di fondachi, di fosse per conservazione di grano e orgio, di trappeti, di sei pile per conserva di oglio, di cellari e magazeni, di cocina e cantina, di camera per conservare li frutti, di stalle con quindici poste per cavalli. Vi è neviera e cisterna per conserva dell’acqua di formale. [Segue un’accurata descrizione degli ambienti e degli arredi del piano superiore].
In detta terra vi sono tra huomini e donne grandi e piccoli numero settecentocinquanta (…).

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(Fig. 7) Porzione di mura con caditoia

1.2 Opere di difesa
La Terra di Felline tiene le sue mura attorno e torrione che la guardano con tutta l’armatura del girone e cioè curserie, roncigli, assi cum acutis ferris, merli, caditoie, grate, civette. Per timore del Turco li cittadini di Felline pagano annuatim docati ottanta per le guardie di detti muraglioni e altri quaranta per il mantenimento delle guarnigioni Sinfonò e Acquedolci poste a difesa della marina. Vi sono due porte, una di esse principale accosto del castello e del muraglione di Santa Lucia nominata Porta Maggiore e l’altra piccola accosto al torrione e alla parrocchiale chiesa di San Eleugio nominata pusterla della curseria [ovvero posterulam portam e cioè una piccola porta posteriormente aperta nelle mura]. Quali edifici non solo rendono la detta Terra ragguardevole, ma commoda sì per l’utile padrone [il feudatario] che per l’abitanti che sono di buon vassallaggio (…) (Fig. 7).

1.3 Paesaggio agrario
Li territori sono tutti fruttiferi di tutte sorti di vittuvaglie quali grano, orzo, fave, avena, lenticchie, lino, sì anco sono fertilissimi di uve e di oliveti per essere vicino la marina della città di Gallipoli. È Terra d’industria per diversi animali quali bovi e vacche, cavalli e giumente, sommarrini, pecore e capre (…).


2. Schermaglie sotto le mura di Felline riportate in una pergamena del 1453
L’originale della pergamena appartiene all’Archivio della Basilica di S. Nicola di Bari, dove è conservata sotto la segnatura “B 11 [A], Periodo Aragonese”.

Il prezioso documento riporta in maniera sufficientemente circostanziata i vari momenti di una lite insorta tra Greco Tomacelli, barone di Casarano, e Salvatore Tolomei feudatario di Felline.

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(Fig. 8) Pozzi e pile di epoca romana poco distanti dalle mura di Felline

Due vassalli rustici, i fratelli Venuto e Antonio de Lochmo, si erano allontanati senza permesso dalle proprietà del barone di Casarano e si erano rifugiati nel feudo di Felline. In seguito al rifiuto del Tolomei di restituirli a Greco Tomacelli, loro legittimo proprietario, questi, nell’estate del 1450, inviò i suoi bravi per ottenere con la forza il ritorno dei due fuggitivi. Lo scontro con gli uomini del Tolomei avvenne sotto le mura di Felline, nei pressi del Torrione di S. Leucio. Gli sgherri del Tomacelli furono respinti. In seguito, quel feudatario si rivolse con una supplica a Giovanni Antonio del Balzo Orsini, principe di Taranto e conte di Lecce, affinché imponesse con sua sentenza il ritorno forzato dei suoi due servi rustici. Il 27 luglio 1451, il principe Orsini con suo Decreto incaricò l’Arcivescovo di Otranto Stefano Agricoli Pendinelli, martire illustre dei Turchi nel 1480, e altri consiglieri a decidere sulla lite sorta tra i due feudatari. La sentenza, emanata il 9 maggio 1453, accolse la richiesta del Tomacelli e fece obbligo al marchese di Felline Salvatore Tolomei di restituire i due contadini al feudatario del Casale di Casarano (Fig. 8).

La sentenza ed i fatti connessi vennero poi registrati nello stesso anno 1453 nella pergamena tuttora conservata nell’Archivio Nicolaiano di Bari e pubblicata dal Centro Studi Nicolaiani nel 1991.

 

3. I Corsari turchi sotto le mura di Felline. Un testamento del 1547 e una fede di verità del 1551

3.1 Il Testamento di Grazio de Rinaldis (1547)
Nell’anno 1547 il nobile Grazio de Rinaldis di Felline fece rogare il suo Testamento dal notaio Francesco Antonio Pane di Gallipoli. In quel Testamento, uno dei più antichi di tutta la Provincia di Lecce a noi pervenuti, il testatore dichiara che una schiera di corsari turchi, penetrati in Felline attraverso una piccola porta non ben custodita della muraglia di ponente, la muraglia delle fosse, avevano catturato e ridotto in schiavitù sua figlia Margarita e altri tre giovani. Poiché egli spera che la figlia possa “tornare dalla cattività dei Turchi”, o che possano tornare eventuali suoi figli, nati nel corso della sua prigionia, considera l’una e gli altri come suoi legittimi eredi e dispone che, quando ciò dovesse avverarsi, immediatamente “succedano nelle robbe di esso testatore”. A tale scopo impone agli altri suoi due eredi di dividere con loro in parti uguali tutti i beni ereditati.

3.2 Una fede di verità resa dal sindaco e dal parroco di Felline nell’anno 1551
Nell’anno 1551, lo stesso notaio F. A. Pane raccolse una fede di verità (testimonianza giurata) del sindaco e dell’arciprete di Felline i quali dichiararono “come sotto le 12 marzo corrente anno, la mattina, li Turchi inimici dei Christiani, scesero a terra nel posto dei Diavoli e si recarono sotto li muraglioni di Felline dove furno respinti e ricacciati. Si fermarono poi nella masseria delle Padule, feudo di Felline, da dove fatto uno schiavo arrivarno nella masseria del Ninfeo, in territorio similmente di Felline, e saccheggiata detta masseria fecero nove schiavi inclusi gli affittatori della medesima (…)” e cioè Leucio Lobbene con la moglie e un figlio minore.

 

Prof. Ennio Ciriolo – Aprile 2010

©Ennio Ciriolo 2010.
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